Appunti di viaggio

A cura di: Ruggero Meles
Foto di: Ruggero Meles

L’Eremo del San Genesio

Il Sentierone n° 1 arriva all’eremo del San Genesio eretto su un’altura che lo rende visibile da ogni parte della Brianza. È ben chiara nell’immaginario di tutti la figura del monaco chino sul suo scrittoio intento a copiare testi antichi. I monasteri furono molto altro, non vi furono solo amanuensi, il lavoro dei monaci ha cambiato il volto del paesaggio attorno al monastero in prima battuta e poi dei luoghi vicini. I terreni incolti venivano resi fertili sradicando alberi, bonificando acquitrini, creando pascoli dove prima vi erano boschi. Nei monasteri vennero messe a punto e tramandate tecniche agronomiche di conservazione dei semi, di calendari di seminagione oltre alla ricerca continua delle proprietà delle piante “officinali” utilissime nella cura di numerose malattie. È nei monasteri che si affinano le tecniche per la produzione dei formaggi ed è addirittura nei conventi che l’enologia diventa una scienza. Nascono i disciplinari che partendo dalla necessità del vino per le funzioni religiose si darà origine al patrimonio culturale che alimenta la meraviglia del vino italiano.

L’Eremo del San Genesio, diventato residenza privata, fu per secoli un eremo dei frati Agostiniani. Il paesaggio che avete ammirato nel percorrere il tratto del Sentierone 1 della Brianza  che va da Campisarago all’Eremo del San Genesio possiamo affermare che sia stato in parte plasmato dai monaci agostiniani che lo abitarono dalla fine del 1500 al 1770 quando il governatore austriaco e l’Arcivescovo di Milano ne decretarono la chiusura con conseguente abbandono e rovina della costruzione sul colle. Tornerà a svolgere la sua funzione di Eremo con il ritorno di un’altra congregazione religiosa: quella dei Frati Camaldolesi che, dal 1863 al 1938, ricostruirono convento e chiesa dedicandola a San Giuseppe conferendo agli edifici l’attuale aspetto. Anche i camaldolesi continuarono nella pratica di pregare anche con le mani sviluppando ottime capacità nel campo della frutticoltura e selezionando alberi da frutta di cui godono ancora oggi benefici gli abitanti delle vallate sottostanti. La storia del colle di San Genesio è antica. Sul suo nome vengono avanzate diverse ipotesi. Qualcuno sostiene che vi fosse un tempio romano dedicato a Giove (da lì anche il nome della vicina località di Giovenzana), altri che il nome derivi da Giano, dio pagano bifronte, protettore delle porte, ma anche dei passaggi e degli incroci. Questo del colle del San Genesio era sicuramente un passaggio importante perché consentiva di evitare un pericoloso e malsano cammino che costeggiava il corso e le paludi dell’Adda, ma sia la prima che la seconda versione non sono supportate da ritrovamenti archeologici. Il primo documento ufficiale risale al 950 d.C. con un atto notarile di Alcherio di Airuno che cede alcuni terreni di sua proprietà alla cappella Sancti Genexii in Monte Suma. Data la posizione che consente di dominare la valle dell’Adda, per secoli linea di confine tra il ducato di Milano e la Serenissima Repubblica di Venezia il luogo fu certamente presidiato ed assalito più volte nel corso dei secoli. Dopo l’abbandono. Oggi l’eremo è stato acquisito da privati e solo in rare occasioni sono concesse visite all’interno degli edifici. Dai 832 m di quota del colle dove si trova l’Eremo si può godere di uno straordinario panorama: verso nord-est  si apre la valle dell’Adda ai piedi  di un susseguirsi di cime che vanno dalla Dorsale dell’Albenza fino alle Grigne (paesaggio tanto caro a Leonardo da Vinci che lo ritrasse più volte), mentre a sud-ovest si offre una visione che va dall’arco degli Appennini che chiude la Pianura Padana alla cerchia delle Alpi che fa da quinta ai grattacieli di Milano oltre le verdi colline della Brianza.

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